Dal miele preziosi probiotici
Secondo la moderna Scienza dell’Alimentazione il miele andrebbe considerato come un prodotto funzionale.
Gli zuccheri in esso contenuti, infatti, fermentano nell’intestino comportandosi come sostanze prebiotiche che vanno a nutrire la flora batterica. Si innesca così quel processo benefico per il nostro organismo che viene potenziato dall’associazione con i probiotici contenuti nei latticini.
Che il miele sia saccarosio predigerito, con pochi altri zuccheri semplici e polifenoli, e che ciò rappresenti un indiscusso vantaggio perché essendo stato già scisso dall’ape se ne assorbe di meno, lo dice da tempo la Scienza degli alimenti.
In parole più semplici ciò sta a significare che, quando si usa il miele per dolcificare, l’indice glicemico, cioè la variazione della glicemia nell’unità di tempo, è minore rispetto al risultato che si osserva con il saccarosio. Ma una domanda sorge legittima: quello che non si assorbe dove va a finire?
In questo caso ci viene in aiuto il professor Carlo Cannella, docente di Scienza della Alimentazione, Facolta di Medicina, Università La Sapienza di Roma. «Praticamente, gli zuccheri del miele che non vengono assorbiti, transitano nell’intestino e vengono fermentati dalla flora batterica dando origine a nuove molecole (acidi grassi a catena corta) che regolano il trofismo della stessa flora intestinale. Potremmo così definire il miele alla stregua di un prodotto funzionale.
E andiamo a vedere il perché. II fruttosio e il glucosio non assorbiti sono fermentati e quindi si comportano come sostanze probiotiche. Dunque, non è azzardato definire il miele un prodotto che oltre alla dolcezza fornisce anche sostanze utili per l’organismo».